PAESI DOVE HO LAVORATO – ARABIA SAUDITA – OPERE D’ARTE

Arabia Saudita
Descrizione dei lavori
Movimenti di terra
L’acqua
Impianti di frantumazione
Opere d’arte

Vennero realizzati numerosi ponti negli wadi, tombini di cls prefabbricati circolari e tombini scatolari fatti in opera.


Erano dei ponti relativamente semplici. Luci da 20 metri, fondazioni dirette costituite da un dado in calcestruzzo largo quanto il ponte, realizzate in scavi rettangolari eseguiti nel letto del fiume sul quale venivano realizzate 4 pile circolari da circa un metro di diametro. Sulle pile erano appoggiate delle soletta dello spessore di 50 cm. fortemente armate.Lo scavo delle fondazioni furono eseguite con Poclain ed eventualmente con martellone ove si trovava materiale duro. Il dado di fondazione era armato e le pile circolari sovrastanti casserate con casseri metallici circolari. I getti sono stati eseguiti o direttamente con autobetoniere o con pompe per cls tipo cifa.Le solette erano casserate con un casseri sostenuti mediante ponteggi. Eseguito il getto, veniva fatta traslare sulla struttura una copertura di teli e inviato vapore mediante generatori di vapore Brezza.In tal modo il calcestruzzo maturava rapidamente e 24 ore dopo il getto dopo aver rotto in laboratorio i relativi cubetti, maturati anch’essi a vapore sotto il telo, si poteva disarmare il tutto e inviare i ponteggi e casseri al ponte successivo.Poi, seguiva una squadra che realizzava le barriere laterali del ponte, tipo New Jersey in cls. utilizzando un cassero traslato su binari che si apriva e si chiudeva idraulicamente.

Tombini circolari prefabbricati

Erano di vario diametro. Realizzammo un area di prefabbricazione utilizzando casseri giunti dall’Italia. Dopo il getto si procedeva alla maturazione a vapore accelerando il processo di aumento della resistenza. Poi, i prefabbricati venivano portati sul punto di posa e posati su di un magrone.
Tra uno e l’altro elemento prefabbricato si poneva una guarnizione di neoprene. Una volta posati tutti, si mettevano due travi di acciaio sulle due testate e si comprimevano l’uno all’altro per essere definitivamente bloccati con la esecuzione dei muri di testa.

Tombini scatolari

Si gettava la parte inferiore e poi si montavano dei casseri che venivano sostenuti da due travi tralicciate per bocca che avevano ruote sopra e sotto. Il cassero era appoggiato su due piani orizzontali che poi divenivano inclinati e poi di nuovo orizzontali ed appoggiavano sulle ruote fissate sui tralicci di sostegno. Le sponde erano incernierate con la soletta nella parte superiore.
Una volta posato il cassero e il ferro, si provvedeva al getto ed alla maturazione a vapore. Il giorno dopo, una volta raggiunta la resistenza sufficiente per disarmare, si ruotavano i pannelli incernierati laterali e si tiravano da un lato verso l’esterno i due tralicci, il tutto scorreva sino a quando le ruote trovando i piani inclinati facevano abbassare il cassero. Una volta sfilato tutto il cassero, si caricava su di un carrellone e trasportato alla prossima opera da eseguire. È stata una soluzione molto intelligente che ci ha permesso di realizzare queste opere in grande velocità.

Un disastro

In Arabia Saudita non piove spesso, ma una volta ci ha beccato una grandinata che è durata un ora.
Sul terreno vi era 40 cm. di grandine. Aveva sfondato tutti i vetri dei mezzi di lavoro e nei wadi correva acqua come un fiume in piena. Ci fece molti anni. Parte dei rilevati dove non avevamo ancora completato i tombini che la attraversavano, l’acqua correva longitudinalmente al rilevato portandone via una fetta. Dove avevamo scavato le fondazioni dei ponti e magari dove eravamo pronti a gettarle o avevamo casserato le pile, ci ha riempito tutto di sabbia. Fu un disastro e ci volle molto tempo per rimediare.

Pavimentazione

La pavimentazione era costituita da uno strato di misto granulare prodotto con l’impianto di frantumazione. Lo spessore di 30 cm. veniva trasportato con i camion, steso con i motorgrader e rullato con rulli Dynapac da 15 tonnellate vibranti. Sullo strato veniva poi passata l’autobotte che applicava giusto un pelo d’acqua e dietro vi erano le botti con la mano di attacco bituminosa su cui veniva steso uno strato di binder ed infine il manto di usura bituminoso per uno spessore totale di cm. 15.

La vita sociale
Noi lavoravamo tutto il giorno ma non c’era molto da fare per le quattro famiglie. Robiati, Conti, Giannini, Racitti, Avevamo organizzato una scuola elementare per i bambini. Quando uscivano a passeggiare più che altro vedevano ragni, scorpioni e tanta sabbia. Qualche volta organizzavamo dei pic nic presso un massiccio roccioso distante qualche decina di chilometri con relativa grigliata.
Qualche volta andavamo all’oasi dell’emiro e le donne saudite preparavano il loro pane cotto su delle rocce scottate dal sole. Lo steso si poteva fare per le uova e frittate. Ogni tanto l’emiro del villaggio ci invitava con le famiglie a casa sua nell’oasi. Le donne passavano dal retro e noi uomini dal davanti. Ci si sedeva per terra con le gambe incrociate. Al centro vi era un gran vassoio di ottone su cui vi erano molti chili di riso bollito contenente uvette e pinoli e sopra vi era un capretto bollito (Kharouf). Si mangiava con le mani. Con il riso si facevano delle palline che si infilavano in bocca con il pollice e la carne di capretto veniva strappata letteralmente e messa in bocca. Devo dire che il tutto era saporito. Alla fine si mangiava del formaggio che ti veniva versato nelle mani da una sacca di intestino nel quale era stato sbattuto. Spremevi via il caglio e mettevi il resto in bocca. Poi ti portavano delle bacinelle di acqua con cui ti potevi lavare le mani. Finalmente arrivava il caffè.Si chiamava Gahwah. Era un caffè macinato praticamente crudo a cui venivano aggiunte delle spezie. Veniva versato in tazzine molto piccole e quando restituivi la tazzina o la coprivi con la mano o dicevi Khalas (Basta) o te ne rifilavano ancora un pò.Quando lo assaggiai per la prima volta nella tenda di un emiro, per un pelo non caddi svenuto. Poi ci ho fatto l’abitudine.
Le donne che erano entrate nel retro e che mangiarono con le donne arabe della famiglia ebbero il privilegio di poter mangiare con le posate.
Una volta in un pic nic con l’emiro nella sua oasi ci mangiammo un lucertolone di deserto bollito. Per loro era una roba prelibata, sapeva di pollo.
A Natale organizzammo una festa in mensa con Babbo Natale che vi arrivò con un dumperino con i pacchettini regali per tutti. È strano che e lo permisero dato che in quel paese vi è molta intolleranza specialmente quando si tratta di cose religiose. Qualche volta si andava nei paesini un po’ più grandi a fare un po’ di spesa al mercato.
Quando arrivavano le tempeste di sabbia si infilava dappertutto e ci volevano giorni per poterla ripulire tutta.
Una volta venni invitato da un emiro di un villaggio vicino di sera senza molto preavviso. Vi andai in macchina scortato dai miei ospiti. Era nel deserto sotto una tenda fatta di lana di cammello. Sotto le stelle, con il fuoco acceso perchè la notte nel deserto spesso fa freddo, con il turbante da arabo mangiammo alla solita maniera. Siccome l’umidità era molto bassa, forse il 15% il cielo stellato era qualcosa di fantastico, credevo di poterle toccare con le mani.
Occorreva stare molto attenti con il linguaggio e comportamento poichè bastava un nonnulla per essere denunciato ed arrestato. A molti lavoratori italiani scappava una bestemmia e si beccavano la denuncia ed arresto. Per liberarli occorreva trattare con il denunciante e risolvere la questione a colpi di dollari. A qualcuno venne la bella idea di produrre bevande alcoliche con i datteri. Fu scoperto e denunciato. Per tirarlo fuori di prigione stessa tiritera.
Una volta il contabile di cantiere certo Conti, andò al mercato di Bureidagh a fare un po’ di spese per la mensa – piuttosto, i polli venivano dai frigoriferi di De Nadai a Geddah e le uovo in polvere.
Aveva i capelli un po’ lunghi ma non eccessivamente. Arrivato al mercato fu visto da un vecchio Muttawah – un prete che con il bastone cominciò a colpirlo e poi chiamata la polizia lo portarono dal barbiere e davanti ad una folla di curiosi che si sbellicavano dalle risa lo rasarono a zero e poi lo lasciarono andare. Naturalmente al ritorno al campo ha chiesto di poter avere il biglietto di ritorno per l’Italia.
Le foto dei lavori e delle opere cui si riferisce il racconto le trovate qui a fianco in file separato e seguendo simultaneamente foto e racconto i dettagli sono abbastanza chiari.
Dopo un lungo periodo su quel cantiere mi fu chiesto di rientrate in sede perchè destinato alla direzione della costruzione della diga di Shiroro in Nigeria.
Prima di rientrare, con la moglie e figlie ci facemmo però un viaggio in Kenia a Malindi dove potemmo assaporare di nuovo del buon cibo e la vista del verde che ci era mancato per un lungo tempo.
A Sciroro non vi andai perchè non misi d’accordo sulle condizioni economiche con l’allora direttore generale per l’estero, Ing. Enrico Bertinelli, lasciai la società e iniziai una nuova avventura in Cameroun con l’Impresa Cogefar di Milano.

Arabia Saudita
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Movimenti di terra
L’acqua
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