Iran

Due volte in Iran

A metà degli anni ’70, l’Impresa di Costruzioni Generali Giuseppe Torno buttò l’occhio all’Iran dove, sotto lo Shah Pahlavi, il paese aveva lanciato una grandissima quantità di progetti per il suo sviluppo sociale. Ricordo per prima la diga del Dez poi la costruzione dell’enorme diga del LAR, al piede del Damavan, da parte dell’Impresa Impresit e la costruzione del gigantesco porto di Bandar Abbas, sul Golfo Persico, da parte dell’Impresa dell’IRI Condotte d’Acque. Le nostre aziende aeronautiche stavano vendendo all’Iran aerei ed elicotteri militari.
L’Impresa aveva anche instaurato delle forti relazioni con l’Impresa di Costruzione Giapponese Kumagai Gumi quando costruirono insieme la diga del Tachien a Taiwan, una diga ad arco cupola simile a quella Vajont alta circa 180 metri. In quel progetto vi avevano lavorato molti dei miei amici. Vi rimando al capitolo Lavori dei miei amici per rendervi conto dei dettagli di quell’opera.
Pertanto, le due imprese decisero di esplorare la possibilità di partecipare a qualche gara di appalto in quel Paese. Feci due viaggi assieme ad ingegneri giapponesi della Kumagai Gumi.
Il primo viaggio, della durata di 45 giorni, fu dedicato allo studio della realizzazione di una diga in Rockfill, alta 180 metri, la diga del Reza Shah Kabir ad Ahvaz sul Golfo Persico.
L’altro viaggio aveva a che fare con l’offerta paer la progettazione e costruzione di una ferrovia di oltre 300 chilometri per portare vicino al porto di Bandar Abbas il minerale di ferro proveniente dall’area di Khol, dove vi erano dei grandi depositi.
Ero molto eccitato di andare in quel Paese che era la culla della Fede che avevo abbracciato venti anni prima in Eritrea. Oltre a ciò, avevo un legame familiare, dato che mio fratello Giuseppe aveva sposato Mehry, una bellissima ragazza di origine iraniana che era venuta in Italia da giovane e che viveva e studiava a Bolzano. Mi incuriosiva andare a conoscere una nazione straordinaria ed un popolo che sicuramente aveva delle eccezionali qualità, ma di cui una minoranza fanatica religiosa aveva per oltre cento anni perseguitato i miei correligionari, colpevoli solo di amare l’intera umanità.

La diga del Reza Shah Kabir

Il progetto era posizionato nel Golfo persico, nella regione di Ahwaz. Era un progetto enorme che avrebbe richiesto un impegno drammatico da parte delle due imprese. Affrontai il viaggio. Dopo essere arrivato a Teheran, la capitale dell’Iran, dove mi fermai una settimana per procurarmi tutti quegli elementi amministrativi necessari per valutare il costo del progetto economicamente, colsi l’occasione per incontrare amici che si erano trasferiti a vivere in Iran.
Poi proseguimmo per Ahvaz con un volo interno. Viaggiavo con un tecnico giapponese della Kumagai Gumi ed un amministrativo della Torno per studiare la logistica, costi dei materiali, costi dei trasporti, legislazione ecc. Ad Ahvaz faceva un tale caldo che, quando scendemmo dall’aereo, mi mancò il fiato e mi venne una fibrillazione. Andammo in albergo dove trovammo un po’ di refrigerio. Qui studiammo bene i disegni della diga, il programma dei lavori, le specifiche tecniche dei materiali principali con cui sarebbe stata realizzata la diga, le caratteristiche idrauliche del fiume. Preparammo tutta una serie di note per le cose che avremmo dovuto esaminare nell’area dei lavori. Avevamo anche gli elementi di una diga in costruzione che avremmo visitato. Due giorni dopo, con un mezzo noleggiato, autista ed aria condizionata, andammo nella suddetta area dei lavori. Il territorio era veramente brullo, con pochissime piante ed un mucchio di massicci rocciosi.
Naturalmente si vedevano colonne di carovane di gente che si trasferiva da qualche parte con muli e cavalli e i famosi howdagh con donne dal viso coperto. In città invece la popolazione era abbastanza moderna, vi erano donne che si coprivano il viso ed altre no. Mi sembrava ci fosse abbastanza libertà.
Chiaramente il clero islamico era abbastanza critico nei confronti di questa situazione, ma mordeva il freno. Era anche arrabbiato con lo Shah perché, per quello che mi è stato riferito, aveva tolto le terre ai grandi proprietari terrieri – La chiesa Islamica – i Mullah – per distribuirla ai contadini.
Terminammo lo studio e presentammo l’offerta che risultò la più economica. Però ci fu richiesto un ulteriore sconto del 3%. Valutammo il tutto e, considerando la richiesta iniqua, decidemmo di abbandonare il progetto, cosa che fu poi si rivelò una fortuna a ben vedere cosa successe con l’arrivo di Khomeini, la morte dello Shah Reza Pahlavi e la rivoluzione culturale. In effetti, le Imprese italiane che vi stavano lavorando, l’Impregilo e Condotte d’Acque, persero miliardi.

La ferrovia Khol – Bandar Abbas

Come ho detto sopra, assieme ad un folto gruppo di ingegneri dell’Impresa di costruzione giapponese, Kumagai Gumi, visitammo tutto il tracciato della possibile linea ferroviaria da Khol a Bandar Abbas per portare il minerale di ferro affinché fosse imbarcato al porto per essere esportato o per essere lavorato in future acciaierie da realizzare in quell’area. Facemmo il viaggio su alcune Land Rover per centinaia di chilometri, su e giù per le montagne del sud dell’Iran. Si passava da paesaggi lunari a quello che una volta era il fondo marino con i suoi resti fossili e i depositi di sale.
Dormimmo nei villaggi iraniani in abitazioni simili alle nostre case di terra, realizzate con fango e paglia e legno, per terra, ma su ottimi e soffici tappeti persiani. Mangiammo il tradizionale cibo iraniano, quali scish khebab, celo khebab. Scoprimmo il dug, una bevanda a base di yogurt ed erbette assolutamente rinfrescante. La mattina, uscendo dagli alloggi, si potevano vedere i bambini scappare nell’incontrare per la prima volta uomini gialli con gli occhi a mandorla. I bambini sono uguali e belli in tutto il mondo. Fu un viaggio memorabile. Spesso si attraversavano corsi d’acqua dolce, altre volte acqua salata.
Il progetto fornitoci era soltanto un tracciato approssimativo dei 300 chilometri della ferrovia – planimetria e profilo con indicati i viadotti e gallerie da realizzare. Furono fornite pochissime indicazioni e nessuna informazione geologica. Molti degli imbocchi delle gallerie erano inavvicinabili. L’offerta fu fatta stimando il valore tanto a chilometro che risultò essere almeno sei volte quanto stimato dal governo. Da quello che so, essa non venne mai realizzata e le acciaierie furono costruite in altre località.
Finimmo il viaggio raggiungendo Bandar Abbas dove la Condotte d’Acque stava costruendo un gigantesco porto. Gli alberghi erano tutti pieni e finimmo per dormire sopra le terrazze di alcuni edifici insieme agli operai del porto, su brandine senza materassi o coperte. Quando scese la notte, arrivò un freddo umido che mi fece battere i denti. Trovai rifugio in un angolo della terrazza, sperando che la mattina arrivasse presto. Quindi corsi subito all’aeroporto per raggiungere Teheran e scappare poi in Italia. Durante il volo fra Bandar Abbas e Teheran si poterono vedere molto bene, sul territorio arido, dei lavori in corso sul terreno. Lunghissime file di gallerie scavate a mano da iraniani specializzati nello scavare a bassa profondità, per raccogliere acqua ed umidità dal terreno e convogliarla nei pressi di villaggi. Una cosa impressionante. A Bandar Abbas visitammo dei pozzi di 2, 3 metri di diametro profondi fino a 30 metri scavati a mano da questi specialisti.

Visita alla diga del LAR

Prima di partire per l’Italia, feci una visita a mia cugina Sandra Scollo ed al marito Italo Ganassali, he erano nel cantiere dove l’Impregilo stava realizzando l’impressionante diga del LAR. Il lavoro si trovava alle pendici del Damavan, un’impressionante montagna, permanentemente coperta di neve, sulla strada fra Teheran ed il Mar Caspio. Si trattava di una diga in Cls, arco cupola con relativa galleria di adduzione alla centrale costruita da altri. Ricordo il massiccio parco macchine, fra cui i Bottom Dumps Cat 778 che portavano ad ogni viaggio qualcosa come 50 metri cubi.
Il cantiere era spesso coperto di neve e perciò si era organizzato con gatti delle nevi per potersi spostare da un luogo all’altro. Le case erano in muratura massiccia con le finestre a doppi serramenti, dato il gran freddo.
Per quello che so, a seguito della rivoluzione Khomeinista del 79, la partenza e morte dello Shah per un tumore e la guerra di attrito con l’Iraq di Saddam Hussain, i lavori non furono completamente finiti. Sembra che vi fossero delle perdite sulla spalla destra della diga che richiedevano dei lavori di consolidamento che non furono mai fatti. Da quello che mi e’ stato detto nacque un contenzioso con il governo con la trattenuta di centinaia di miliardi che credo non siano mai stati pagati.
I viaggi furono molto utili per viaggiare nel paese e vedere località molto belle ed insolite, scoprire genti interessanti e scoprire la bontà della cucina Iraniana, e scoprire molte cose di una antica cultura e delle tecniche di come vengono realizzati i famosissimi tappeti persiani. Nel capitolo dei paesi visitati vi sono foto ed immagini delle località incontrate in quei viaggi.