UNA VITA DEDICATA AL LAVORO PARTE 2 CAPITOLO 4

Io avevo terminato la mia mansione e mi fu chiesto di ritornare in Italia per ulteriori incarichi.

Partii per Milano con la famiglia. Quella mia d’origine si era trasferita a Rimini da diversi anni per cui, non avendo un luogo particolare ove appoggiarci per vivere, accettammo l’invito di mia zia Enrica, la sorella di mio padre Augusto, che aveva già i suoi anni e che però aveva una camera libera, quella della nonna Italia. La sua residenza era in piazza Gramsci, vicino al parco Sempione. Io andavo a lavorare in ufficio, in Via Albricci. Lavoravo con l’Ing. Marcheselli alla preparazione di numerose offerte. Effettuammo anche numerose collaborazioni con l’Italstrade i cui uffici si trovavano quasi di fronte. Ricordo bene la possente figura dell’Ing. Lomazzi.

Enrica in Piazza Gramsci

Enrica direttrice della scuola per ambliopici e il sindaco Aniasi

Non fu vita facile perché vivevamo in una stanzetta. Avevamo acquistato un lettino per Nicole che mettemmo di fianco al monumentale letto dei nonni. La zia viveva in un’altra stanzetta. 
Che differenza rispetto alla grande libertà vissuta in Africa con la nostra casetta, il giardino, l’orto, un’aria sanissima. Poi la zia fu investita da una macchina e si ruppe la clavicola, rimase ingessata per molti mesi, oltre ad avere problemi neurologici perché nell’incidente si era anche presa una bella botta in testa. Jannette si prese cura della zia e molti anni dopo, quando rientrammo definitivamente in Italia, la zia divenne l’insegnante di Nicole che nel frattempo era cresciuta. La zia che è poi vissuta fino alla veneranda età di 103 anni, ed è ora sepolta a Monza, vicino ai suoi genitori, ai suoi fratelli Giuseppe e Augusto ed a mia sorella 
e sua nipote Anna Maria, fu sempre grata a Jannette per l’aiuto che le fornì in quel periodo.

Enrica al nostro matrimonio

La Zia Enrica con Jannette,Nicole, ed Emma

Per eludere un po’ il momento del grande cambiamento del rientro in Italia, decidemmo di andare in vacanza per un paio di settimane in Romania. Prenotammo una vacanza a Mamaia sul Mar Nero. Volammo con un aereo sovietico di marca Tupolev fino a Bucharest, con un aereo BAC 111 fino a Mamaia. Il Tupolev scricchiolava tutto, ma alla fine arrivammo sani e salvi.


La Romania era un po’ il gioiello dell’Est sovietico ma, nonostante i grandi giacimenti petroliferi, il cui prodotto veniva mandato in Unione Sovietica, era sempre un Paese povero e lo si vedeva. La gente non sorrideva mai. Le infrastrutture erano buone, ma i servizi poveri. Il mar Nero si chiamava nero perché poco sotto la superficie del lago, apparentemente, non vi era vita biologica. La sabbia era nera e qui si facevano i famosi fanghi per curare le malattie della pelle ed altro. Facemmo una gita in battello sul Danubio, che fu bellissima; potemmo vedere le comunità di pescatori che vivevano lungo il fiume. Facemmo numerose amicizie con gruppi che venivano da Milano e con i quali condividevamo un po’ del tempo della vacanza.


Un battello sul Danubio Serata musica

Poi rientrammo a Milano per riprendere la vita di città.
In quel periodo feci diversi viaggi per lavoro.